Io vi troverò di Pierre Morel

In una Parigi letteralmente appestata da delle feroci organizzazioni criminali, l’ex agente dei servizi segreti americani Bryan, interpretato da un eccellente Liam Neeson, tenta di salvare con mezzi leciti e non la figlia Kim, rapita da una banda di malfattori senza scrupoli dedita a giri di prostituzione con sordidi sbocchi internazionali. Un panorama agghiacciante. Che già si presenta tale quando Bryan, tramite il cellulare di Kim, ascolta in tempo reale i drammatici momenti del sequestro della figlia, alla quale fornisce delle importanti direttive che in seguito gli saranno utilissime per il possibile ritrovamento della ragazza. Tutto questo per una perfetta sceneggiatura ad orologeria, quindi serrata e senza alcun secondo perso in inutili dialoghi o in desuete sequenze di raccordo. E in perfetto stile Jason Bourne (il personaggio interpretato dal bravissimo Matt Demon), l’ex agente segreto della CIA che nella sua nota trilogia filmica (The Bourne Identity, The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum) ha fatto scuola, assieme al Jack Bauer magistralmente interpretato da Kiefer Sutherland nella serie televisiva 24, non solo per questo Io vi troverò di Pierre Morel, ma per un’intera schiera di nuovi sceneggiatori d’oltreoceano e non desiderosi di aggiungere notevoli dosi d’azione al genere thriller convenzionale.

Risulta chiaro, perciò, che gli sceneggiatori del film diretto da Morel (buon regista anche in Banlieu 13), vale a dire Luc Besson (Nikita, L’on, Il Quinto Elemento) e Robert Mark Kamen (L’ombra del Diavolo, Il Quinto Elemento), seguendo le tracce di Bourne e Bauer, con l’ulteriore B di Bryan hanno fiutato e proseguito la pista giusta per confezionare un thriller ad altissima tensione e al passo coi tempi. Ma con una nota originale rispetto ai colleghi statunitensi, che concerne la sottintesa critica sociale che fa da humus a tutto il film. Con lo scioccante livello di criminalità raggiunto da certe bande di immigrati e dai suoi ricchi e spregevoli committenti, con l’inerzia burocratica della polizia francese (leggi, europea), ma anche con la moglie di Bryan, salita di status sociale, che snobba l’ex marito tranne quando questi, a rischio della vita, le salva la figlia. Insomma, una tipica impronta europea di riflessioni sociali a tutto tondo a cui il cinema americano non sa o non vuole approdare. E anche in questo sta la grandezza dell’ottimo film di Pierre Morel, davvero da non perdere.

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