Le confessioni di un “Quartetto” di attrici!

Quartetto” è un esperimento. Così si potrebbe sintetizzare questa nuova avventura cinematografica di Salvatore Piscicelli, critico, scrittore, definito in passato il “Fassbinder di Napoli”, che con questo film cerca di esplorare l’idea di “utopia-autopsia” ipotizzata da Rossellini.
“Quartetto” è la storia di quattro aspiranti attrici, che vivono la loro vita, piena di speranze e insoddisfazioni alla ricerca di una normalità che sembra essere un’utopia.
L’idea di scegliere quattro giovani attrici, amiche del regista e amiche tra loro, non può che amplificare e rendere ancora più vero questo film, girato in digitale seguendo le regole del Dogma.
Abbiamo la fortuna di essere sul set (allestito in un appartamento della zona San Lorenzo di Roma) e di poter assistere alle riprese di alcune scene, e in un momento di pausa, chiacchieriamo con alcuni dei protagonisti.

SALVATORE PISCICELLI

Il primo elemento che viene fuori dalla lavorazione del film è la scelta di seguire il “Dogma”. Nasce da una nuova esigenza di sperimentazione oppure è anche un bisogno di ridurre i costi tecnici?

Non è stato il fattore economico che mi ha avvicinato a questo nuovo modo di fare cinema. Già da un paio di anni, pensavo costantemente all’idea di realizzare un film per il grande schermo con telecamere leggere da poterle tenere nel palmo di una mano.Lavorando ad un film come “Quartetto”, che è una storia contemporanea, ho capito che questo esperimento poteva essere possibile.L’idea di aderire alle regole del “Dogma” è nata liberamente, condividendo la scelta di ridurre la “macchina-cinema” al minimo possibile, esaltando da un lato la “libertà” dell’attore e dall’altro, quella della macchina da presa.

E’ un film fedele in tutto alle regole dei cineasti danesi?

Beh, le regole sono fatte per essere trasgredite, quindi mi sono concesso alcune piccole libertà, per personalizzare il film, ma credo che il “Dogma” sia una gran bella provocazione. Per me che sono un “Rosselliniano di ferro”, è un po’ la realizzazione dell’utopia di ridurre al minimo la distanza tra il regista e l’attore.

Attualmente il cinema  “di successo”, è soprattutto spettacolarizzazione ed effetti speciali oppure divertimento “spicciolo”. Pensa che ci sia lo spazio giusto per divulgare opere cosi’ ambiziose e provocatorie?

Il “digitale” indubbiamente introduce una rivoluzione nel cinema, una trasformazione profonda. Un cinema cosi’ “leggero” era impensabile fino a pochi anni fa. E’ un po’ quello che è successo tra gli anni ’50 e ’60 con l’introduzione delle macchine da presa 16mm, della presa diretta e della “quarzatura del nagra”, quindi una innovazione che consente di avere un cinema più libero e “indipendente” che è una parte del cinema. Il cinema sarà sempre Spielberg e Lucas da una parte e gli “sperimentatori” dall’altra, ma il bello è proprio questo.

Quindi “Quartetto” si può definire un vero esperimento.

Certamente. E gli effetti di questa esperienza, fatta di “luce naturale”, “presa diretta” e “camere a mano”, si sentiranno anche nel film che girerò dopo “Quartetto” e che dovrebbe segnare il ritorno ad un cinema con mezzi tradizionali.

Sin dal suo film d’esordio, il pluripremiato “Immacolata e Concetta”, lei ha sempre analizzato con incredibile attenzione, figure femminili molto forti, spesso provenienti dal sottoproletariato, delle vere “eroine antiborghesi”. C’è stata una evoluzione in questi ultimi anni?

Le cose sono molto cambiate in questi ultimi tempi. Una volta c’erano i “grandi conflitti” che oggi si sono tradotti in infinità di “piccoli conflitti” e follie! I rapporti sono cambiati…anche tra strati sociali diversi…anche la donna è cambiata. Una cosa rimane uguale: ieri come oggi, i cambiamenti rapidi e angoscianti della vita sociale, si manifestano in maniera più limpida nelle donne, che dal mio punto di vista “da regista”, sono più interessanti dei personaggi maschili che invece sono solitamente “statici”.

Come vivono l’amore le quattro ragazze del film?

Molto liberamente! Anche se nel mio film non si parla d’amore, si vedono molti rapporti d’amore incasinati, ma le ragazze non ricercano l’amore…

Raffaella Ponzo

RAFFAELLA PONZO

Nella recente intervista apparsa sulle pagine di Nocturno accennavi alla tua partecipazione in “Quartetto”, evitando di svelarci indiscrezioni sul tuo ruolo. Ora ti incontriamo sul set e non puoi “sorvolare”…..

Irma è una ragazza di 25 anni, laureata in antropologia, che però lavora anche come attrice e creatrice di siti Internet…

…ma questa è la tua storia!

Effettivamente c’è molto di me in questo personaggio, anche perché il film è nato dalle frequentazioni che io, Anna Ammirati e Beatrice Fazi abbiamo avuto con il regista. Ci siamo incontrati spesso a cena, parlando della nostra vita, dei nostri “casini” e da questi incontri è partita l’idea del film, che analizza la vita delle venticinquenni di oggi. E’ stato divertente lavorare nuovamente anche con Roberto Herlitzka, che ne “Il corpo dell’anima” era il mio amante. In questo film invece è mio padre….bizzarro no? (ride)

Gli attori solitamente sono molto esigenti e vanitosi per ciò che riguarda la loro immagine; L’esperienza del digitale, e del dover recitare senza trucco è stato un trauma?

Ahh, mi hanno tolto il truccatore!!!!(grida) Scherzo! Inizialmente pensavo fosse un’esperienza complicata…truccarsi a casa….ero in crisi, ma poi ho capito che per una tipologia di film “vero” come è “Quartetto”, sarebbe stato poco credibile abusare in trucchi e luci particolari. Mentalmente è faticoso lavorare in digitale, perché lavori a ritmi serrati e quando torno a casa sono distrutta!

Un po’ come fare teatro.

Ma in teatro puoi avere una giornata “no”, mentre nel cinema l’immagine è per sempre, quindi ad ogni piccolo errore sei costretto a ripetere la scena!

Che differenza hai trovato rispetto alla lavorazione de “Il corpo dell’anima”, per quanto riguarda il tuo personaggio?

Beh, in “Quartetto” ci sono situazioni molto “forti” ma solo a livello emotivo, ad esempio le scene in cui si intuisce che tra Irma e Francesca (Maddalena Maggi) succede qualcosa. Ne “Il corpo dell’anima” l’impatto era soprattutto fisico…recitavo nuda in quasi tutte le scene!

MADDALENA MAGGI

Anche per te, come prima domanda, non possiamo esimerci dal chiederti una descrizione del tuo personaggio. Sappiamo che interpreti una ragazza omosessuale; quanto è stato impegnativo immedesimarti in questo ruolo?

Non ho avuto nessuna difficoltà;  Il mio è un personaggio innamorato, e questo è ciò che conta; se poi si ama un uomo o una donna non vedo il problema. Il mio personaggio è nato in seguito agli altri, perché Salvatore aveva già preparato il film pensando a Raffaella, Anna e Beatrice che conosceva già da tempo. Io sono subentrata in seguito dopo aver fatto un provino, e il mio ruolo mi piace proprio perché nella sceneggiatura è quello meno definito e molto lontano da me.

Cosa pensi del “Dogma”?

Io mi sto divertendo molto a lavorare in questo modo, perché mi sento più libera, posso muovermi liberamente senza essere costretta ad agire in una gabbia di luci. A differenza di quanto diceva Raffaella, personalmente, dopo aver girato, non sono affatto stanca.

Il pubblico ti conosce soprtattutto per due ruoli da coprotagonista nelle commedie “E allora mambo” e “Tandem”. Quali sensazioni hai avuto nell’avvicinarti ad un film molto lontano dai precedenti?

Ma ho recitato anche in film di Bellocchio, Colizzi, Del Monte che non erano certo delle commedie, anche se il successo personale è arrivato con i due film a cui accennavate. Sinceramente credo che “Mambo” e “Tandem” nonostante fossero due commedie, non avessero personaggi comici. Il pubblico si divertiva perché sapeva ciò che i personaggi dovevano ancora scoprire, quindi si trattava di una “commedia delle situazioni”.

Sappiamo che parallelamente a “Quartetto” stai lavorando ad un thriller.

Si è vero, si tratta di un thriller per la tv, molto bello. Io adoro il noir…

…anche noi e gran parte dei lettori di Nocturno!

Allora dovete assolutamente vederlo! Ci sono molte soggettive…omicidi in guanti neri… …ma non posso dirvi altro!

Anna Ammirati e Beatrice Fazi

ANNA AMMIRATI

Ciao Anna, sappiamo che avevi voglia di parlare finalmente di questo nuovo film che rappresenta per te un’esperienza particolare, spiegaci perché…

Io ho conosciuto Salvatore sul set di “Rose e pistole”, che fu diretto da sua moglie Carla, e da lì è nata una amicizia molto bella, che ha portato in seguito alla collaborazione per questo bel progetto.

Il tuo è un personaggio autobiografico?

Beh, fortunatamente no! Nel senso che se vivessi come Eva, sarei stata ricoverata! A parte gli scherzi, credo che ognuno cerchi di dare una propria “anima” al  personaggio da interpretare e spero di esserci riuscita. Comunque si tratta di un’esperienza unica, e importantissima.

Il film se non sbaglio, analizza la condizione delle venticinquenni di oggi…

Si, una generazione cresciuta da genitori con grossi ideali, con la voglia di cambiare il Mondo ma che alla fine ci hanno lasciato una eredità molto sterile. Il mio personaggio sembra essere quello più autelesionista e “irrecuperabile” e vive un rapporto “pericoloso” con il fidanzato però alla lunga è quella più “sana” e determinata. Quando le arriva l’occasione della sua vita, decide di dare un taglio al passato trasgressivo per tornare in una dimensione normale. In fondo lei aveva paura di vivere la “normalità” e alla fine Eva si scopre più matura della madre; Quello che Eva cerca è l’equilibrio e la normalità.

L’esperienza del digitale e del Dogma?

Bisogna rispettare delle regole ma non ho trovato molte differenze. Secondo me ci sono molti più “pro” che “contro”, perché sei più “vicina” al regista e sei più libera di immaginarti come dovrebbe essere il tuo personaggio. E’ stato un esperimento per tutti.

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