ADDIO BRANDO: l’indimenticabile interprete di Ultimo Tango a Parigi è morto a Los Angeles a 80 anni

“Recitare e’ l’espressione di un impulso nevrotico. E’ una vita da poco di buono. Smettere di fare l’attore e’ un segno di maturità”.

Marlon Brando

E’ morto Marlon Brando. Il divo si è spento ieri all’età di 80 anni. Viveva solo, squattrinato e malato sulle colline di Los Angeles, gravemente obeso e sfigurato nei tratti che avevano mandato in delirio generazioni di donne. Con lui se ne va non solo un mito di Hollywood ma una grande icona del cinema mondiale. Il suo magnetismo, la forza espressiva e il carisma ne avevano fatto un vero e proprio simbolo e molti dei personaggi da lui interpretati resteranno per sempre nella storia, dal Vito Corleone di Il Padrino (per il quale ha vinto l’Oscar) allo Stanley Kowalsky di Un tram chiamato desiderio, che lo ha imposto come simbolo maschile di ribellione. Indimenticabile in Fronte del porto (altra statuetta) Apocalypse Now, Viva Zapata!, Bulli e pupe, Giulio Cesare e Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, Brando era arrivato al cinema dopo aver abbandonato, insofferente, la carriera militare. L’incontro a New York con Elia Kazan, alla fine degli anni ’40 e l’entrata nell’Actor’s Studio avevano cambiano la sua vita e segnato la storia stessa di Hollywood. Ma Brando è entrato nel mito anche per i suoi comportamenti e il suo stile di vita. Alla Notte degli Oscar in cui ha tronfò con il Padrino non si presentò e mandò una ragazza a ritirare il suo premio come forma di protesta per le ingiustizie subite dagli indiani d’America. E ancora: ad un certo punto della vita, decise di scomparire all’improvviso dalla scena, un isolamento (terminato nel 1989) che alimentò le voci più disparate, compresa quella della sua morte.

Coerente con se stesso fino in fondo Brando non negò mai di aver accettato alcuni lavori per soldi (come il cammeo in Superman) per compare l’arcipelago di Tietaora a Tahiti, per sostenere la causa degli indiani, per mantenere i suoi 12 figli e le sue tre mogli Anna Kashfi, Movita e Tarita. Basti pensare allo spot che girò pochi anni fa per la Telecom, una delle pochissime apparizioni recenti dell’attore. E resta memorabile la sua drammatica deposizione nel ’90 al processo al figlio Christian, allora 32enne, per l’omicidio del compagno della sorellastra Cheyenne. Nonostante un Brando in lacrime, il ragazzo fu condannato a 10 anni di carcere, pochissimi di questi scontati, e Cheyenne, dopo alcuni tentativi falliti, si tolse la vita nel ’95. Un’esistenza, quella di Marlon, disastrata e piena di drammi, costellata di eventi finiti in pasto ai giornali come il suicidio della sua ex fidanzata Pina Pellicier nel 1961 e i due tentativi di togliersi la vita di Rita Moreno, altra sua partner. Un carattere difficile, quasi impossibile: basta chiedere a Gillo Pontecorvo, che l’ha diretto nel ’69 in Queimada tra tensioni e esasperazioni leggendarie. Per non parlare del rispetto che avrebbe dovuto al mentore e amico Elia Kazan. Quando l’Academy gli chiese di consegnare l’Oscar alla carriera all’anziano regista (fu tra coloro che denunciarono i colleghi filocomunisti ai tempi del maccartismo) rifiutò dicendo: “E’ stato una spia”. La vita e la carriera dell’attore negli ultimi anni erano state segnate, negli ultimi anni, da un progressivo declino tanto che un anno fece sapere senza mezzi termini di non avere i soldi per mantenere Maria Christina Ruiz, la donna 43enne con cui aveva avuto una relazione per 14 anni. La sua ultima apparizione al cinema risale al 2001 in The Score, film diretto da Frank Oz e interpretato da Robert De Niro.

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