Florinda Bolkan, il fascino senza tempo

Sig.ra Bolkan, benvenuta su “Palcoscenico”. Con l’intervista che andiamo ad effettuare soddisferemo le richieste dei suoi numerosi ammiratori che,come me,sono ansiosi di conoscere i retroscena e le curiosità della sua splendida carriera. Iniziamo ovviamente dai suoi esordi: quando è scattata in lei la “molla” del cinema?

“Al mio arrivo a Roma quando ho incontrato Luchino Visconti, che mi chiese un test cinematografico”.

Sappiamo che lei è brasiliana: ebbe anche lei la “saudade” al momento di trasferirsi in Europa?

“Ovvio! E tanta. Però Roma con la sua bellezza mi ha stregata”.

“Candy e il suo pazzo mondo” è stato il primo film che l’ha messa a contatto con grandi e affermate star: nel cast ricordiamo Marlon Brando, Walter Matthau, Richard Burton, Elsa Martinelli, John Huston e Charles Aznavour! Cosa ricorda di questo film e quali consigli ricevette una giovane attrice come lei da questi grossi protagonisti del cinema?

“Purtroppo ricordo i miei arrivi al trucco all’alba e la mia partenza dal set la sera tardi, come succede con le attrici principianti. Ho visto tutti loro ma ho lavorato soprattutto con Ringo Starr, che nel film, era mio fratello”.

Arriviamo ai primi grandi successi personali e iniziamo da “Metti una sera a cena” di Patroni Griffi. Da questo film in poi si parlerà (a ragione) di Florinda Bolkan come nuova stella del cinema: come reagì al grosso clamore che iniziava a ruotarle intorno?

“Sono rimasta colpita la prima volta che mi sono vista sui grandi manifesti che tappezzavano Roma. E’ stata una sensazione indimenticabile ed ho avuto quasi paura. Da lì in poi avrei dovuto proseguire con la stessa dimensione e chissà se ce l’avrei fatta?”.

In “Metti una sera a cena”, aveva come partner Tony Musante, con il quale ha lavorato spesso: ne dobbiamo dedurre una perfetta intesa artistica?

“Senza dubbio ho avuto, con Tony Musante, la più completa intesa che si può chiedere a un partner. Lo ricorderò sempre come un attore generoso e sensibile, anche come amico”.

Spesso si parla della bellezza come di un’arma a doppio taglio per la carriera di attore: lei che è stata, ed è, una donna di grande fascino ha mai avuto esperienze negative sul set, proprio a causa della sua bellezza?

“No. Penso che le ragioni per le quali i registi mi cercavano non erano soltanto per una questione di bellezza. Spero di aver ragione!”.

Ancora un grande regista per un grande film: un ricordo di Luchino Visconti e “La caduta degli dei”…

“Luchino Visconti era, forse, il più irraggiungibile regista nelle mie fantasie. Lavorare con lui è stata la realizzazione di un grande sogno. Averlo conosciuto così da vicino mi ha rivelato che le sue qualità erano assolutamente vere!”.

Tra le righe del film troviamo tracce dell’amore di Visconti per il “Machbeth” di Shakespeare e “I Demoni” di Dostoevskij. Quali sono invece le sue passioni letterarie?

“Ho letto Shakespeare e Dostoevskij, ma ho la passione per i cambiamenti. Ho cominciato con opere in lingua Portoghese, poi ho proseguito con libri francesi come “Adolph” di Benjamin Constant, le poesie di Apollinaire e Ranbaud e tanti altri. Ho scoperto in Italia la letteratura Italiana e le poesie di Montale. Ho letto molto la letteratura Inglese e attualmente il mio libro preferito è “On the road” di Jack Kerouak”.

“Anonimo Veneziano” è un altro importante “centro” della sua carriera; cosa ci può dire circa la lavorazione di questo film e che ricordo ci può lasciare di Enrico Maria Salerno.

“Lavorare a Venezia in una storia così dolente mi metteva dei dubbi. Enrico Maria Salerno mi ha fatto capire la bellezza di quella storia in quella Venezia. Attraverso la sua guida ho potuto dare agli spettatori qualcosa che era molto nascosta in me. Devo questo ad Enrico”.

Domanda da musicista: la colonna sonora di “Anonimo Veneziano” entrò anche nelle hit-parade dell’epoca; Quali sono i suoi gusti musicali e quanto è importante una giusta “soundtrack” al fine del successo di un film?

“Amo la musica, da quella Brasiliana a quella classica e melodica. I blues sono anche una mia passione adolescenziale. Le colonne sonore sono determinanti nella qualità di un film. Nel mio primo film come regista che si chiama “Io non conoscevo Tururù” e uscirà in Brasile ad Aprile prossimo, la colonna sonora è stata molto curata. La mia intenzione era di far sentire musiche Brasiliane popolari (Forrò) mescolate con musiche classiche, musiche di cantautori Brasiliani famosi, e una canzone Italiana. Questo perché nella storia erano necessarie per dare un trasporto emotivo allo spettatore”.

Una carriera così bella non poteva escludere il sapore dell’Oscar: “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, Oscar per il miglior film straniero 1970. Durante la lavorazione,immaginavate il successo che questo splendido film avrebbe ottenuto in seguito?

“No. Mi sono molto divertita a farlo e a lavorare con Gianmaria Volontè ed Elio Petri, ma non mi rendevo conto che stavo facendo parte della creazione di un film “mitico”. Sono sicura che nessuno di noi si aspettava questo prezioso premio”.

Anche in questo caso non posso esimermi dal chiederle come si trovò sul set diretta da Elio Petri?

“E’ stato divertentissimo e mi sentivo a mio agio. Elio Petri era un Acquario, come me, e ci siamo capiti subito”.

Gian Maria Volontè era un personaggio duro e “combattivo” anche fuori dal set?

“Forse, però non con me. E’ stato un meraviglioso compagno di lavoro”.

Due film rivalutati col tempo sono “La lucertola con la pelle di donna” e “Non si sevizia un paperino”, entrambi per la regia del compianto Lucio Fulci. Come mai secondo lei, soltanto recentemente si è rivalutato questo regista così atipico?

“Lucio Fulci era, apparentemente, un uomo difficile. Penso che questa sia stata una delle ragioni che l’hanno reso incomprensibile. Era, senza dubbio, un regista molto speciale, direi avanguardista”.

Fulci vantava una fama di uomo irascibile e di “misogino” incallito nei confronti delle belle donne: come si comportò sul set con lei?

“Ho lavorato benissimo con lui, perchè l’ho capito subito e non l’ho preso sul serio. Giocavo con lui”.

“Cari genitori” sempre di Enrico Maria Salerno, analizzava i conflitti generazionali genitore – figlio, e lei ci ha regalato un ruolo inaspettato di madre apprensiva, che tornerà (anche se in chiave diversa) in “Acqua e sapone” di Verdone; Quanto è contata la poliedricità nella sua professione?

“Un attore deve poter cambiare i ruoli per diversificare le sue interpretazioni. E’ vera la frase che dice: Un attore è nudo”.

“Una breve vacanza” di Vittorio De Sica, segnò quasi un omaggio alle vecchie tematiche neorealiste che tanto successo ebbero (proprio grazie a De Sica) negli anni ’40-’50. Immagino l’emozione nel trovarsi di fronte ad uno dei personaggi più importanti del nostro cinema….

“Lei ha ragione! De Sica era la persona più simpatica e imprevedibile con cui ho lavorato. Mi prendeva sempre di sorpresa e abbiamo fatto questo gioco per tutto il film. Non si poteva che innamorarsi di lui, è stato un momento magico per me”.

Un film che mescolava psicoanalisi e fantascienza fu “Le Orme” di Luigi Bazzoni. Cosa ci può dire circa questo film?

“Eravamo ad Istambul, che di per sé è una città magica. In più avevamo il bravissimo Vittorio Storaro che con la sua fotografia “blu” ha dato una impronta speciale a questo film giallo”.

Ancora una volta lavora con un personaggio “fuori dagli schemi” come Klaus Kinski…

“E’ vero, Klaus Kinski era sicuramente fuori dagli schemi e bravissimo”.

“Il comune senso del pudore” la avvicina ad un cinema più “popolare” che in quel periodo prendeva piede,ma anche questa volta “si affida” ad un grande uomo di cinema, Alberto Sordi: Come si trovò su questo set?

“Lavorare con Alberto Sordi, in un film comico è stata una esperienza unica. Passavo le mie ore sul set ad ammirare questo Maestro della comicità”.

Il film analizzava i costumi “liberi” che dalla fine degli anni ’60 si affermarono in ogni campo; come visse il periodo “post-68”?

“Ero a Parigi e giravo “Le voleur de crimes” di Nadine Trintignant quando è scoppiata la rivoluzione di Maggio 68. Ho avuto paura ma ho capito che da lì in poi il mondo sarebbe cambiato, ed anche io”.

E adesso parliamo di “Acqua e sapone” che segnò il suo ritorno al cinema dopo alcuni anni di assenza; come nacque l’incontro con Carlo Verdone?

“Sono felice di essere stata invitata da Carlo Verdone a lavorare con lui. E’ stata un’occasione, all’epoca, totalmente nuova per me. Una seconda prova in un film comico con una persona adorabile come lui”.

Del film ricordo l’assoluta credibilità nella sua interpretazione di “mamma manager”, preoccupata più dell’apparenza che della reale felicità di sua figlia. Come si trovò in un ruolo così duro, anche se in un contesto da commedia leggera?

“Tutti i ruoli sono sempre una sfida. Quel ruolo in particolare è stato una ennesima prova, per me che sono un’attrice drammatica, a dimostrare la diversità nell’elaborazione di un nuovo personaggio”.

Siamo negli anni ’80: con “La gabbia” torna il sodalizio con Patroni Griffi (regista), Musante (partner artistico) e Fulci (sceneggiatore), mentre in “Legati da tenera amicizia” la troviamo al fianco di Enrico Maria Salerno. Come ricorda quel periodo e quale è il suo giudizio in merito a questi due film?

“In “La gabbia” avevo un ruolo di supporto. Il copione mi era piaciuto e soprattutto mi piaceva poter tornare a lavorare con Patroni Griffi, Musante e Fulci. Nel film di Salerno vale lo stesso principio: l’opportunità di rivederlo sul set per lavorare”.

“Miliardi” di Carlo Vanzina apre la serie di film degli anni ’90, che la vedranno partecipare anche a “Delitto Passionale” di Mogherini e “La strana storia di Olga O” di Bonifacio, tutti accomunati purtroppo da un esito poco fortunato al botteghino. Pensa anche lei che il cinema italiano sia in crisi o si trattava solo di “copioni sbagliati”?

“Penso che ci sono film che funzionano e altri no. Non è una questione di “moda” e sono convinta che il cinema Italiano, al contrario, stia tornando a una fase positiva”.

C’è un film recente che l’ha particolarmente colpita? E con quale regista le piacerebbe lavorare?

Pane e tulipani è stato un film che ho trovato adorabile. Mi sono piaciuti anche “L’ultimo bacio”, “Le fate ignoranti e…. Aldo, Giovanni e Giacomo!!! Ci sono tanti registi con cui ancora non ho lavorato e che sono bravissimi”.

Abbiamo parlato tanto di cinema, ma adesso vorremmo da lei una descrizione delle sue esperienze teatrali con Patroni Griffi….

“Patroni Griffi è per me la somma di quello che esiste di meglio al teatro. Testo, regia, scenografia, tutto. La sua sensibilità teatrale trascende le “mura” dei teatri. Mi ha insegnato la durezza e le delizie di questo mestiere. Dopo aver interpretato “Metti una sera a cena” al cinema, l’esperienza di portarla in teatro attraverso Patroni Griffi, è stata la scoperta del valore di un testo e di una regia. Ancora oggi le sue frasi fanno parte del mio quotidiano”.

In televisione è stata spesso protagonista di film dal successo clamoroso come “La Piovra” e “La Trappola”. In cosa differisce l’esperienza televisiva da quella cinematografica?

“Naturalmente non sono uguali, però un bel lavoro televisivo dà altrettanti piaceri che un bel film”.

Quale è il suo rapporto con Internet e le nuove tecnologie telematiche?

“Come vede ho un ottimo rapporto con questo mezzo. Trovo, purtroppo, che io sia ancora molto lontana per capirlo completamente”.

Eu nao conhecia Tururu è il suo primo film da regista, una storia di donne che è anche una “dichiarazione d’amore” verso il suo Brasile: può parlarci di questa nuova esperienza?

“Io sono innamorata del mio film come una madre del suo primo bambino, e desidero farlo vedere in Italia al più presto per essere amato anche dagli Italiani. Potevo farlo soltanto in Brasile perché, come dice lei, è stata una dichiarazione d’amore al mio paese natale”.

Domanda inevitabile: quali sono i suoi progetti futuri?

“Altri film come regista e come attrice”.

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