“Non aver paura” di Angelo Longoni tra bambini inascoltati e adulti inadeguati

Un thriller insolito, ma molto ben articolato nel sostenere il non facile equilibrio tra suspence, scontri tra coniugi separati, telefonate erotiche e un bambino che sconta più di tutti le gravi tensioni che lo circondano. Il ragazzino in questione è Luca (ottimamente interpretato da Marco Ragno, il più giovane ma il miglior attore del film), che per difendersi da un mondo di adulti, sempre troppo violento e chiuso al confronto, si inventerà la compagnia di un alter ego immaginario, Tommi (Andrea Ragno), capace di palesare a Luca ciò che lo stesso ha paura di poter comprendere a fondo, perché capire lo fa star male. Angelo Longoni, dunque, affrontando questa serie di conflitti tramite la visuale e il giudizio di Luca, non fa altro che mettere in piazza un’odierna e sconsolante, ma molto verosimile, galleria di adulti che ha ben poco da insegnare ai propri figli. Adulti capaci solo di litigare, in pubblico e in privato, di menare le mani, di non porsi mai in discussione, di tradire, di mentire e, all’ennesima potenza, di godere della paura altrui in un misto tra perversione pedofila e sadismo.

Sarà la madre di Luca, Laura (Laura Morante), a subire le pressioni del maniaco pedofilo. Ma in una posizione di grave deficit psicologico, perché marchiata dal senso di colpa di ascoltare le minacce del sadico lavorando in una Hot line, per giunta all’insaputa dell’ex marito e, ovviamente, del figlio. Dal canto suo, il padre di Luca, Franco (Alessio Boni), ha anche lui qualcosa da nascondere all’ex moglie e al figlio: una relazione sentimentale con Chiara (Eleonora Ivone), che va ad aggiungersi allo stillicidio di insicurezze già patite dal binomio Luca/Tommi. Uno sconvolgente quadro di colpevoli assenze, insomma, di negazione all’ascolto e di inutili e dannose ipocrisie che in “Non aver paura” sembrano dirci che Angelo (Cesare Adolfo Bocci), l’interlocutore telefonico di Laura, non è l’eccezione, ma lo squallido prodotto di tutte quelle mancanze messe assieme.

Un giudizio molto duro, quindi, nei confronti di una società che dietro alla sua parvenza perbenista può spesso celare un orribile mostro assolutamente insospettabile, ben evidenziato dallo scioccante finale a sorpresa del film. Dulcis in fundo, ad impreziosire maggiormente la pellicola di Longoni, c’è il delicatissimo ed emblematico brano musicale intitolato “Non Rispondi”, cantato dall’ispiratissima Manuela Zanier. Una canzone che a nostro avviso, però, avrebbe dovuto avere maggior risalto all’interno del film, in quanto risulta troppo in sottofondo a livello sonoro. Un peccato veniale al quale il regista potrebbe porre rimedio innalzando il volume di quella traccia musicale. Per far sì che il film venga sublimato da un brano di alto livello simbolico e artistico, che quindi avrebbe tutte le qualità per sintetizzare musicalmente le forti tematiche proposte dall’ottimo film del regista milanese.

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